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The Volo 534 - Panico ad alta quota: il dramma di un equipaggio in balia del destino

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Tuttavia, già dal '36 si pensava a come migliorarlo. Ai piloti non piaceva il raccordo tra fusoliera e ala superiore, che limitava il campo visivo verso l'avanti. Così si riprogettò l'ala superiore con una struttura di tipo normale, e di superficie aumentata di 0,6 m2. Motore M-25V, 4 PV-1 con 2.600 colpi, ma talvolta erano presenti le più rapide ShKAS o le UBS da 12,7 mm; era possibile portare ben 150 kg di carico esterno tra bombe, e in seguito anche razzi; in alternativa c'erano due serbatoi da 100 litri subalari. Il primo volò nel gennaio del '37, e fu un successo ben più importante dell'I-15 base, con 2.408 prodotti fino all'inizio del '39. Chiamato sia I-15bis sia I-152, ebbe varie versioni sperimentali, di cui la I-52TK aveva un motore con doppi compressori TK-3, il che permetteva di arrivare a 435 km/h a 6.000 m; c'erano anche tipi con abitacolo pressurizzato per le operazioni ad alta quota, già studiate anche per l'I-15, e versioni biposto da attacco al suolo.




The Volo 534 - Panico ad alta quota



Il Gladiator è grossomodo l'equivalente del CR.42. Malgrado sia pressoché altrettanto potente, non è altrettanto veloce in quota, grossomodo poco più che una via di mezzo tra il CR.32 e il CR.42. In salita non è così, data la sua leggerezza, anche se non è straordinario. L'agilità è eccellente, nella RAF era considerato l'unico caccia a poter inseguire sullo stesso piano lo Swordfish. Il carico alare, di appena 70 kg/m2 a pieno carico, era eccezionalmente basso. Nemmeno il Gladiator ebbe modo di combattere contro il CR.32 durante gli anni '30, nonostante che la sua presenza sarebbe stata possibile -e altamente interessante- in Spagna. Lì finiranno solo tre Fury, come unico rappresentante dei caccia inglesi. I Gladiator avrebbero combattuto in Cina, in Finlandia, in Belgio, e soprattutto a Malta e in Africa. Lì incontrarono sia i CR.32 sia i CR.42, e ne nacquero furibonde battaglie manovrate tra biplani. A bassa quota il Gladiator era di qualcosa più veloce rispetto al CR.42, poteva salire più rapidamente e manovrare in orizzontale (virata) in maniera apprezzabilmente superiore (vedi i resoconti della battaglia dell'8 agosto 1940). Non sempre ebbe la meglio, ma del resto nessuno lo pretendeva. Gli Hurricane spesso erano messi in difficoltà nell'affrontare i più manovrieri biplani nemici, e tendevano a stare alla larga da un avversario allertato della loro presenza, ma i Gladiator, che non potevano disimpegnarsi allo stesso modo, non avevano questo tipo di scelta. Come dice Armi da guerra 99: nelle relativamente poche occasioni in cui si incontrarono, questi due protagonisti (CR.42 e Gladiator) riportarono onori pressoché pari. I piloti della R.A. erano molto abili, quelli della RAF, RAAF e SAAF molto aggressivi. I CR.42 erano spesso ben più numerosi dei loro avversari, che a loro volta non parevano particolarmente audaci in iniziativa, anche perché legati alla scorta bombardieri e privi di radio.


La leggenda narra che fossero solo 3: Fede, Speranza e Carità. In realtà non era così, ma la realtà non fu meno rocambolesca. In pratica, si trattava di un lotto di Sea Gladiator (leggermente inferiori ai tipi terrestri) consegnati smontati a Malta, e i cui piloti, totalmente autodidatti, si ingegnarono a imparare come pilotarli. Ci si può solo stupire che riuscissero a sopravvivere. Non solo, ma pur ottenendo poco in termini di vittorie, riuscirono a costringere gli S.79, che pure erano abbastanza veloci da staccarli una volta inseguiti, a richiedere l'onerosa copertura dei caccia. I Gladiator si portavano in quota e da lì eseguivano una picchiata sui loro avversari. In circa 15 giorni di impiego ebbero solo un successo contro un S.79, ma la cosa non deve stupire, dopotutto era la prima volta che si registrava l'abbattimento dell'imprendibile Sparviero da parte di un caccia: i pochi aerei maltesi riuscirono a ottenere quello che non riuscirono a fare i Repubblicani in anni di guerra. La cosa anche più interessante fu che la scorta agli S.79 era affidata ai C.200, i migliori caccia italiani, che per un breve periodo furono attivi, prima di lasciare momentaneamente il campo ai CR.42 (dati i problemi di 'dentizione' che il tipo dimostrava). E che uno di essi, al termine di un inseguimento e di un accanito duello, veniva mandato in mare da un Gladiator. Il pilota italiano venne salvato ma quando l'inglese andò a trovarlo in ospedale non si dimostrò particolarmente 'amichevole'.


Il Fury, quando apparve, era realmente il più ambito dei caccia, quanto meno nella RAF. Il No.43 Sqn ebbe i Fury per primo, e presto i suoi piloti si trovarono con i primi caccia RAF capaci di superare le 200 miglia orarie (322 km/h). Era il 1931 e queste prestazioni, per quanto destinate rapidamente a essere superate dal progresso aeronautico, erano eccellenti, se non proprio eccezionali. Di sicuro non c'era nulla di meglio nella RAF; all'epoca non c'erano nemmeno i CR.30 e 32, i Polikarpov I-15 e gli Hawk, così si trattava davvero di una macchina rivoluzionaria. Eppure, la sua concezione era del tutto tradizionale. I piloti dei Fury erano altamente invidiati nelle altre F.A., un po' come gli F-14 o gli F-15 attuali. All'epoca regnava l'idea che la pace fosse un valore duraturo, e del resto con la crisi economica, anche i fondi per riarmarsi scarseggiavano. Anche se in Italia c'era già Mussolini, e in Germania si stava facendo largo Hitler, per non dire dell'URSS di Stalin e dell'aggressivo impero del Sol Levante. All'epoca la RAF era impegnata soprattutto all'estero, per mantenere l'ordine nel suo sterminato Impero. In patria aveva forze ridotte, dopo secoli di inimiciazia con la vicina Francia. Era una sorta di 'Aeroclub' e i suoi uomini dei reparti della Difesa Aerea (ADGB) erano uomini scelti e con i migliori aerei. Questi, per l'appunto, erano i Fury. La ragion d'essere di questo bellissimo (per ammissione unanime) caccia biplano era il R.R. Kestrel, che gli donava un muso aguzzo e snello, anziché la solita forma tozza e piuttosto brutta dei vari Gamecock e Bulldog appena precedenti. Il Kestrel, antenato del Merlin e discendente da un tipo americano, era il primo affidabile motore a cilindri in linea raffreddato a liquido per un caccia. Con l'Hawker Hart, molto simile a un Fury biposto un po' ingrandito, era stato sufficiente per portare la velocità a valori tali da non essere intercettabile, rinnovando la tradizione dei vari DH.4 e 9 della I GM (o anche di altri bombardieri veloci, come gli SVA). Il Bristol Bulldog, agile e scorbutico, era già in servizio con la RAF, quando andò in volo il Fury, ma quest'ultimmo ebbe comunque un ordine per 66 Mk I. I fortunati squadron che lo ebbero furono i No.1 e 43 di Tangmere e il 25 di Hawkinge. Passarono alcuni anni e venne realizzato l'Mk II con motore più potente che aumentava la velocità da 354 a 360 km/h, con altri 98 aerei consegnati a 4 squadroni, tra cui i già visti 25 e 41. All'epoca i piloti RAF passavano per scuole di pilotaggio come la 5a di Sealand con apparecchi come l'Avro 504 e il Siskin. I Gruppi da caccia erano comandati da un maggiore e ripartiti su tre squadroni comandati da capitani, con 16 piloti complessivamente per ciascun gruppo (probabilmente c'è un errore di traduzione, e Gruppo=Squadron, squadrone=flight). Passare dai Siskin, capaci di appena 240 km/h e inutili contro gli Hart, ai Fury, era una cosa emozionante. Per quanto il Siskin fosse un eccellente acrobata, era anche difettoso in certi aspetti del volo, e anche all'atterraggio capottava facilmente. Già dal primo volo i piloti cominciavano a fare acrobazia con il Fury e scoprivano che potevano dare confidenza piena a quel nuovo arrivato. I Fury sembravano anche più belli perché avevano una linea interamente argentea, da caccia da superiorità aerea. Vi furono numoerose manifestazioni aeree, come quella per il Giubileo e vi fecero sempre bella figura, anche sotto una pioggia battente che impediva alla maggior parte delle altre formazioni persino di levarsi in volo. Erano aerei privi di vizi di volo, ma non tutti. Uno, per esempio, quasi ammazzò il pilota durante la prova della vite (da farsi una volta al mese), quando non ne volle sapere di rimettersi. Solo quando il pilota sganciò l'ossigeno e si preparò al lancio, l'aereo riprese l'assetto, e in seguito si scoprì che per qualche ragione solo questo Fury necessitava di 16 avvitamenti prma di riprendersi da una vite regolare.


La rivalità tra i gruppi della RAF era fortissima, specie quelli della base di Tangmere. Non solo contro i Bulldog (che erano considerati aerei di cittadini di 'seconda classe', e a bordo dei quali volava all'epoca un certo Douglas Bader, destinato a diventare famoso), ma in generale contro tutti gli altri. Tangmere in particolare era 'contro il resto della RAF', incluso l'altro gruppo storico dei Fury, il No.25. C'erano acrobazie nuove e competizioni goliardiche, nell'insieme il clima era rilassato. Su allarme, quando necessario, il Fury poteva salire a 5.000 m in un tempo medio di 7 minuti e 20 secondi, un tempo di tutto rispetto per l'epoca e anche per qualche caccia della II GM; sopra quella quota bisognava usare maschere a ossigeno decisamente scomode, mentre il volto dei piloti, per evitare screpolature, era spesso spalmato di lanolina. Il freddo, comunque, non mancava mai ad alta quota, in quegli abitacoli aperti e non riscaldati in alcun modo se non la presenza del motore in avanti. Presto vennero fuori i nuovi 'attacchi di squadriglia' che già allora suscitavano molte perplessità ai piloti, dato che erano un modo troppo rigido di combattere e che presupponeva l'assenza di caccia di scorta ai bombardieri nemici. L'addestramento al tiro era fatto ogni tre settimane sul poligono di Lydd, ma l'aereo non era ideale come piattaforma di tiro, tendendo a scarrocciare. C'era già la possibilità di addestrarsi a sparare contro bersagli trainati da Fairey III. La vita dei piloti, dei privilegiati per l'epoca, era meravigliosa. C'erano 60 giorni di licenza all'anno, ma non erano mai usati totalmente. La vita del reparto era già così interessante, si faceva molto sport e soprattutto, si viveva per volare. Ogni sabato mattina i piloti lavavano i loro aerei con acqua e sapone delicato.


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